Filippine: cinque secoli di cattolicesimo

Su Settimana News, il 17 febbraio 2021, è stato pubblicato un articolo di:  sui 500 anni della fede cristiana nelle Filippine. 
Condividiamo l'articolo per essere in comunione con questa Chiesa.

La Chiesa delle Filippine celebra quest’anno, 2021, i 500 anni dell’arrivo del cristianesimo nella sua terra. Sarà l’occasione per ringraziare il Signore del grande dono della fede ricevuto, ma anche per guardare avanti con rinnovato slancio e cogliere con fiducia le nuove le sfide che oggi si pongono.

Nel 2021 la Chiesa nelle Filippine celebra mezzo millennio di cristianesimo. Le statistiche nel 2020 indicano che la popolazione filippina ha raggiunto quasi i 110 milioni.

Le Filippine sono la terza Chiesa locale più grande del mondo (dopo il Brasile e il Messico). Degli oltre 120 milioni di cattolici asiatici, più del 60% sono filippini.

Questi fatti significativi invitano a un’analisi più approfondita della multiforme Chiesa filippina. Qualcuno potrebbe chiedere: perché celebrare questo evento?

Mons. Broderick Pabillo spiega: «Questo è davvero qualcosa da celebrare, perché in 500 anni la fede cristiana nel Paese non solo è sopravvissuta, ma ha esercitato un forte influsso sulla cultura e sul carattere della nazione, e continua ad essere forte… La celebrazione del 2021 sarà caratterizzata da un grande ringraziamento a Dio onnipotente per il grande dono della fede cristiana. Nella provvidenza di Dio, la fede cristiana è giunta alle nostre sponde, vi ha messo radici e ha portato molto frutto tra la sua gente».

Il vescovo Pablo David osserva che il fulcro della celebrazione del 2021 è «non il colonialismo ma la fede cristiana» che i primi filippini «hanno accolto come un dono, anche se da persone che non erano necessariamente motivate dal più genuino dei motivi».

Inoltre, questo evento non è considerato come solo un «guardare indietro al passato»; è anche un momento per esprimere profonda gratitudine e guardare al futuro. Il dono della fede ricevuto deve essere approfondito, sviluppato e condiviso con gli altri attraverso la missione. Il consiglio di Gesù ai suoi discepoli dovrà essere la nostra guida: «Gratuitamente avete ricevuto, gratuitamente date» (Mt 10,8). Infatti, il logo della Conferenza episcopale cattolica delle Filippine (CBCP) per l’evento del 2021 è: «Abbiamo tutti ricevuto per donare». Questa è una sfida sia per celebrare la fede cristiana sia per essere fortemente motivati a condividere questo prezioso dono con gli altri.

Questa presentazione metterà in risalto dieci doni che il cristianesimo ha portato nelle Filippine; anzi, si potrebbe dire di più. Saranno forniti alcuni brevi dati storici per contestualizzare i doni. Tuttavia, cosa ancora più importante, apprezzare questi doni speciali oggi richiede un impegno a riconoscere che tutti sono chiamati a svilupparli ulteriormente e a trasmetterli ad altri.

Dono della fede cristiana

Dopo l’introduzione del cristianesimo da parte di Ferdinando Magellano nel marzo 1521, nel 1565 fu avviato un programma di evangelizzazione sistematico e organizzato dagli agostiniani che accompagnarono la spedizione di Legazpi. Furono seguiti dai francescani (1578), dai gesuiti (1581), dai domenicani (1587) e dagli agostiniani recolletti (1606) sia dalla Spagna sia dal Messico. Manila divenne sede vescovile nel 1579 e arcivescovile nel 1595.

I primi missionari spesso cercavano di proteggere i nativi dagli abusi; avevano un energico leader in fra Domingo de Salazar op, il primo vescovo delle Filippine.

La Chiesa filippina del XVI secolo si schierò sicuramente, e non lo fece con i ricchi e potenti, ma con coloro che erano oppressi e vittime di ingiustizia. Lo storico della Chiesa, John Schumacher, osserva: «Gli scettici hanno spesso messo in dubbio la realtà della rapida conversione dei filippini del XVI secolo. Se si desidera la risposta, la si può trovare proprio qui, nel fatto che la Chiesa nel suo insieme si schierò dalla parte dei poveri e degli oppressi, fossero gli oppressori spagnoli oppure capi filippini». Promuovere sia la fede sia la giustizia rimane un compito perenne di ogni Chiesa locale.

Istruzione e servizi sociali

Questi compiti costituirono quasi esclusivamente la preoccupazione della Chiesa durante l’intero periodo della dominazione spagnola. Prima della fine del XVI secolo, Manila aveva tre ospedali, uno per gli spagnoli, un altro per i nativi e un terzo per i cinesi. I primi due furono gestiti dai francescani, il terzo dai domenicani. Nel 1595 i gesuiti aprirono una scuola secondaria per ragazzi spagnoli che, in seguito, si trasformò nell’Università di San Ignacio annettendovi il collegio residenziale di San José, fondato nel 1601 e oggi Seminario di San José.

L’anno 1611 vide l’inizio dell’Università domenicana di San Tommaso, che continua ancor oggi ad essere un esuberante centro educativo. Nel 1640 i domenicani assunsero anche la direzione del Collegio di San Juan de Letrán, avviato circa un decennio prima da un laico zelante dell’educazione degli orfani.

Diverse comunità religiose femminili si stabilirono a Manila; spesso intrapresero l’educazione delle ragazze. Tra queste congregazioni femminili, merita una menzione speciale quella iniziata nel 1684 da Ignacia del Espírito Santo, una meticcia cinese, e oggi conosciuta come le religiose della Vergine Maria (RVM).

Numerose istituzioni educative e centri di azione sociale gestiti dalla Chiesa continuano a svolgere un ruolo importante nella vita filippina.

Sviluppo del clero locale

Il cattolicesimo aveva messo radici stabili nelle Filippine come religione del popolo nel diciottesimo secolo, se non prima. Tuttavia, una grave debolezza fu il ritardato sviluppo del clero nativo. Solo alla fine del XVII secolo furono ordinati dei nativi filippini. I vescovi furono sempre più desiderosi di disporre di un clero diocesano completamente sotto la loro giurisdizione. L’arcivescovo Sancho de Santa Justa y Rufina di Manila (1767-1787) ordinò dei nativi anche quando mancavano delle necessarie qualità e di formazione; i risultati furono disastrosi. Qualche miglioramento nella formazione e un aumento delle vocazioni avvenne dopo l’arrivo dei vincenziani (1862), che presero in carica i seminari diocesani.

Tra i leader sacerdoti attivi e portavoce sociali ci furono i padri Gómez, Burgos e Zamora, che furono giustiziati dal governo per presunta complicità in un ammutinamento delle truppe di guarnigione indigene a Cavite (1872); oggi sono considerati eroi nazionali.

Storicamente, il lento sviluppo del clero locale costituì un serio limite; così, la partenza di un’ampia percentuale del clero spagnolo dopo il trasferimento della sovranità dalla Spagna agli Stati Uniti (1898) lasciò vacanti oltre 700 parrocchie.

Oggi il clero diocesano e religioso filippino gestisce efficacemente la Chiesa. Una nota storica interessante è quella dei quarantanove vescovi delle Filippine che hanno partecipato al concilio Vaticano II (1962-1965): un buon terzo di loro erano vescovi missionari provenienti dall’estero, mentre oggi tutti i vescovi del Paese sono filippini.

Presenza missionaria che continua

La vita normale della Chiesa cattolica ha sofferto in maniera disastrosa negli anni successivi al 1898; dal 1898 al 1903 il numero totale dei frati diminuì di oltre il 75%, da 1.013 a 246. Questa grave carenza di sacerdoti e religiosi fu in parte compensata da nuove congregazioni missionarie non spagnole di donne e uomini provenienti dall’Europa, dall’Australia e dall’America.

Durante la “seconda ondata” di personale missionario (1905-1941), le società missionarie maschili che risposero ai bisogni urgenti furono: i redentoristi irlandesi (1905), i missionari Mill Hill (1906), di Scheut-CICM (1907), i missionari del Sacro Cuore e della Società del Verbo Divino (1908), i fratelli del Lasalle (1911), gli oblati di san Giuseppe (1915), i missionari di Maryknoll [uomini e donne] (1926), i missionari di San Colombano (1929), la Società San Paolo (1935), la Società-PIME del Quebec (1937) e gli oblati-OMI (1939). La maggior parte di queste società ha oggi personale nel paese.

È importante notare che molte religiose impegnate sono giunte come missionarie nelle Filippine, spesso lavorando in collaborazione con le società appena menzionate.

La guerra e i servizi ecclesiastici

Le forze giapponesi invasero le Filippine nel dicembre 1941. Le forze alleate del generale MacArthur tornarono nel 1944, ma aspri combattimenti continuarono fino alla resa giapponese nell’agosto 1945. La guerra inflisse gravi danni; 257 sacerdoti e religiosi persero la vita e le perdite in beni e attrezzature ecclesiastiche furono stimate in 250 milioni di pesos (125 milioni di dollari USA). Sacerdoti, fratelli, suore, donne e uomini cattolici impegnati mostrarono grande fede ed eroismo durante la guerra; molti subirono il carcere.

Le origini di quella che oggi è conosciuta come la Conferenza episcopale cattolica delle Filippine (CBCP) possono essere fatte risalire al febbraio 1945 quando il delegato apostolico William Piani, mentre la guerra era ancora in corso, nominò John Hurley sj incaricato dei soccorsi e creò la Catholic Welfare Organization (CWO).

Il periodo 1945-1965 nella vita della Chiesa locale nelle Filippine è caratterizzato da una ripresa piuttosto rapida dalle devastazioni della guerra, da un sistema scolastico notevolmente allargato ai livelli superiori, dal coinvolgimento dei cattolici (laici, suore, clero) nell’azione sociale, e da una crescente filippinizzazione delle strutture della Chiesa.

Azione della Chiesa sotto il governo autoritario

Ferdinand E. Marcos, primo presidente eletto nel 1965, proclamò la legge marziale nel 1972 e impose una forma di «autoritarismo costituzionale». Il periodo della legge marziale pose nuovi e impegnativi problemi alla Chiesa e alla nazione.

Tra gli effetti più perniciosi dell’era Marcos durata due decenni (1965-1986) ci furono l’aumento della militarizzazione, l’insurrezione, l’assenza di procedure giuridiche, la distruzione dei processi democratici, il declino economico e una paura generalizzata. Il risultato finale, nelle parole di un sociologo filippino, fu di collocare il paese «sull’orlo tremolante di un vulcano sociale».

Questo periodo costituì un momento di prova e di crescita per la Chiesa locale. Le posizioni profetiche furono spesso contrastate da abusi militari, incarcerazione e tortura e persino espulsione dei missionari stranieri. La Chiesa assunse una posizione di «collaborazione critica», cooperando con il regime nei programmi benefici per la semplice popolazione, criticando nello stesso tempo le azioni del governo giudicate dannose.

Un’importante lettera pastorale CBCP del 1977 – The Bond of Love in Proclaiming the Good News (Il vincolo dell’amore nella proclamazione della Buona Novella) – ha enunciato una visione chiara e olistica per guidare la missione di evangelizzazione integrale della Chiesa.

Le parole cardine di questa lettera pastorale del 1977 restano rilevanti anche oggi: «Questa è evangelizzazione: l’annuncio, soprattutto, della salvezza dal peccato; la liberazione da tutto ciò che opprime l’uomo; lo sviluppo dell’uomo in tutte le sue dimensioni, personale e comunitaria; e, in definitiva, il rinnovamento della società in tutti i suoi strati attraverso l’interazione delle varie componenti e la vita concreta di ogni uomo… questo è il nostro compito, questa è la nostra missione».

Ripristino della democrazia

È istruttiva l’analisi della storia della «rivoluzione incruenta» del febbraio 1986 e del ruolo svolto dai fedeli della Chiesa e dal card. Sin. Il rovesciamento del regime di Marcos fu «una vittoria dei valori morali sulla pura forza fisica su cui egli aveva fatto affidamento». Mise in risalto la determinazione della gente a non spargere sangue filippino. La rivoluzione fu un «movimento di nonviolenza attiva promosso da gruppi legati alla Chiesa». Tuttavia, le questioni di base riguardanti la ricchezza e il potere che hanno afflitto la nazione per generazioni sono rimaste. Molti filippini si trovarono ancora fuori dalla corrente principale della vita sociale, politica ed economica nazionale.

Corazon C. Aquino fu presidente filippino dal 1986 al 1992. Il suo principale contributo fu il ripristino di un governo a carattere democratico. Furono problemi difficili quelli affrontati dalla Aquino. Essa, tuttavia, guidò il popolo filippino a elezioni libere e imparziali nel maggio 1992 e al trasferimento ordinato dei poteri al presidente Fidel Ramos (1992-1998). Aquino, «un’icona di integrità», è morta il 1° agosto 2009.

L’emergere dei missionari filippini

Un segno preciso di una Chiesa vivace locale è la sua portata missionaria. Verso la metà del 2000, i missionari cattolici filippini contavano 1.329 donne e 206 uomini di 69 congregazioni religiose operanti in circa 80 paesi. I vescovi cattolici stabilirono la Mission Society of the Philippines (1965). Maryknoll fondò la Philippine Catholic Lay Mission (1977). Il card. Sin instaurò il San Lorenzo Mission Institute (1987), il cui obiettivo è servire i cinesi.

A parte questi gruppi recenti fondati all’epoca del Vaticano II, tutte le principali società religiose e congregazioni di uomini e donne continuano a inviare alcuni dei loro membri filippini a servire la missione all’estero. Si deve notare che un’importante pietra miliare della missione della Chiesa locale è stata raggiunta nel 1991 durante il Secondo Consiglio Plenario delle Filippine (PCP-II) durato un mese; esso diede una spinta profonda e impresse un impulso ad una «rinnovata evangelizzazione integrale».

Attuazione del Vaticano II

La visione del concilio Vaticano II ha messo radici nella Chiesa filippina. La presenza di forti comunità ecclesiali di base (BEC) fornisce le strutture necessarie per la crescita spirituale, catechetica, ministeriale e sociale. Importanti forze sono presenti in questa visione di Chiesa: l’approccio induttivo ed esperienziale della teologia; il suo insegnamento sociale inculturato; la sua spiritualità dello sviluppo umano; la sua rinnovata ecclesiologia e missiologia; il suo servizio concreto a molti filippini che affrontano diversi mali sociali disumanizzanti; il suo impegno nelle questioni sociali in modo non partigiano, ma attivo; i suoi sforzi per promuovere e praticare approcci nonviolenti alle crisi socio-politiche; il suo impegno a creare strutture di partecipazione nella Chiesa e nella società.

Anche la Chiesa locale ha i suoi recenti testimoni e martiri (per citarne solo alcuni): il sacerdote diocesano malaybalay Neri Satur (14 ottobre 1991), il vescovo Benjamin de Jesus, OMI (4 febbraio 1997), padre Rhoel Gallardo, CMF (3 maggio, 2000), padre Benjamin Inocencio, OMI (28 dicembre 2000) e Scholastic “Ritchie” Fernando sj (17 ottobre 1996).

Diversi missionari stranieri, specialmente quelli operanti a Mindanao, sono stati assassinati o espulsi negli ultimi decenni. La Chiesa filippina gioisce dei suoi due santi canonizzati, Lorenzo Ruiz e Pedro Calungsod, entrambi martiri e missionari stranieri (Giappone e Guam).

L’emergere di una autentica Chiesa locale

Si può realmente affermare che, negli ultimi cinque secoli, si è sviluppata nelle Filippine un’autentica Chiesa locale; senza dubbio questo è un meraviglioso dono dello Spirito Santo! Questa comunità di fede locale rispecchia la visione promossa dalla Federazione delle Conferenze episcopali dell’Asia (FABC), la quale afferma che «la Chiesa locale è una Chiesa incarnata in un popolo, una Chiesa indigena e inculturata. Questo significa, in concreto, una Chiesa in dialogo continuo, umile e amorevole con le tradizioni viventi, le culture, le religioni – in breve, con tutte le realtà vitali della gente in mezzo alle quali ha affondato profondamente le sue radici e la cui storia e vita svolge volentieri il suo ruolo» (FABC I: 12).

La sfida della FABC di impegnarsi in un «triplo dialogo» con la gente del luogo, le loro culture e le loro religioni, come un percorso verificato per costruire un’autentica Chiesa locale ha guidato la leadership della Chiesa in questa era del Vaticano II. Questo «approccio di incarnazione si è dimostrato efficace nel contesto filippino; esso deve continuare a guidare tutte le iniziative di evangelizzazione nei prossimi decenni. La Chiesa filippina cerca costantemente di ascoltare «ciò che lo Spirito dice alle Chiese».

Conclusione

Senza dubbio, l’evento locale più significativo degli ultimi anni è stata la visita pastorale del 15-19 gennaio 2015 di papa Francesco; egli ha detto alla folla che, quando ha visto in televisione gli effetti devastanti del tifone del 2013, ha deciso di venire a confortare i suoi fratelli e sorelle. Affettuosamente soprannominato dalle grandi folle Lolo Kiko (Nonno Francis), ha conquistato i loro cuori e le loro anime. Ha affermato appassionatamente: «I poveri sono al centro del Vangelo, sono al cuore del Vangelo; se togliamo i poveri dal Vangelo, non possiamo comprendere l’intero messaggio di Gesù Cristo». La parte più emozionante della visita del papa è stata a Tacloban, la città più colpita dal tifone del 2013.

Ringraziando papa Francesco per la sua visita pastorale, il card. Tagle, cogliendo i sentimenti della gente e l’impegno missionario, ha affermato: «Ogni filippino vuole venire con te – non a Roma – ma nelle periferie, nelle baracche, nelle celle delle prigioni, negli ospedali, nel mondo della politica, della finanza, delle arti, delle scienze, della cultura, dell’istruzione e delle comunicazioni sociali. Andremo in questi mondi per portare la luce di Gesù, Gesù che è il centro della sua visita pastorale e la pietra angolare della Chiesa».